L’eliminazione del Divieto della pubblicità al Gioco non deve far tornare ai tempi della “follia”

Pubblicazione: 13 Agosto 2024 ore 19:19

equilibrio nella pubblicita al gioco

Voci di corridoio, sempre più insistenti, fanno paventare un’ipotesi che sta prendendo piede con maggiore concretezza: l’eliminazione del divieto della pubblicità ai giochi ed alle scommesse contenuto nel famigerato Decreto Dignità del 2018 che gli operatori attendevano e desideravano da tempo, sia quelli del gioco che gli addetti alle società sportive e più precisamente le aziende di calcio.

Questo forse consentirebbe ad alcune aziende di ritornare al passato quando potevano esistere ben solidi rapporti commerciali tra le società sportive di calcio e le aziende del gioco d’azzardo: un bel salto indietro nel tempo quando esisteva la possibilità di stipulare contratti molto sostanziosi a livello economico tra i due settori che per decenni hanno tratto un notevole sostegno finanziario da questi rapporti commerciali e che a causa del famigerato divieto si sono visti sfuggire tra le dita un numero infinito di milioni di euro che entrambi i comparti hanno fatto fatica a fronteggiare.

Sembra che il Decreto Dignità venga rivisto in materia di gioco d’azzardo

Ma oggi, come si dice “dopo lunga e penosa malattia” sembra proprio che il Decreto Dignità, portatore sano di quel provvedimento proibizionistico, abbia davvero i giorni contati: il che darebbe senza dubbio respiro a tante imprese che hanno sentito la mancanza di questi rapporti così fruttiferi.

Ma ciò che lo stesso settore del gioco non vorrebbe veder accadere è che con questo “ripristino pubblicitario” tanto invocato non si ritorni a quel mondo “folle e sconsiderato” della pubblicità al gioco che nasceva dal nulla ed arrivava a qualsiasi destinatario: giovane od antico, su qualsivoglia strumento tecnologico fosse acceso e potesse ricevere messaggi di quel genere e che andavano anche a disturbare sopratutto i giovani ed i giovanissimi.

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Tutto questo non dovrebbe esistere nel modo più assoluto e la pubblicità anziché essere negata in modo così totalitario dovrebbe essere gestita meglio nel suo confrontarsi con l’utenza rispettando alcuni “paletti” che non andrebbero mai superati.

Ma consentendo, però, all’utenza di poter comprendere la differenza tra giochi d’azzardo legali e quelli illegali, cosa che oggi può risultare difficoltosa.

I cambiamenti devono essere sempre graduali

Di conseguenza, come spesso accade in altre situazioni, passare dal divieto totalitario alla libera ed anarchica divulgazione pubblicitaria la via giusta “si dovrebbe trovare nel mezzo”: e, quindi, regolamentata magari in modo ristretto, condizionata come detto a parametri ben definiti che possano tutelare da un lato la libertà di impresa e dall’altro la salute del consumatore finale.

Dal 2018 in poi, quindi dall’entrata in vigore del citato Decreto Dignità, molto spesso si è sostenuto nel nostro scrivere che lo stesso divieto rappresentava una vera e propria assurdità, ma che sopratutto rappresentava un pericolo grave per l’utenza in quanto si impediva, imponendo l’assenza di qualsiasi mezzo pubblicitario, di riconoscere il gioco legale da quello che sicuramente non lo è: creando così dei pesanti squilibri sul mercato in termini di concorrenza e competitività.

Oltre che compromettere, come già evidenziato in alcuni punti precedenti, il mondo dello sport ed in ragione di questo si può dichiarare senz’altro che l’abolizione del divieto “ci piace” ed anche molto, e la si ritiene doverosa e sensata: ma questo non deve significare tornare alla vecchia situazione di partenza perché anche questo rappresenterebbe un errore grossolano che non si dovrebbe affrontare di nuovo.

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Allora l’eccessivo uso di messaggi che “inneggiavano” al gioco d’azzardo era senz’altro deleterio per i consumatori ed ha altresì contribuito, forse, ad aumentare le forme ideologiche contrarie al gioco andando a colpevolizzare tutte le aziende che operavano nel mondo ludico.

Il Divieto alla pubblicità ai Giochi forse fu un passo avventato

In effetti, in quel preciso momento storico il Governo Conte 1 ritenne di fare questo passo del divieto pubblicitario quasi per punire il settore e le sue imprese essendo una delle parti al Governo nettamente contraria al gioco pubblico e non si vedeva l’ora di metterlo “in cattiva luce”. Purtroppo, forse non rendendosi conto che tutto ciò non faceva altro che incentivare il gioco illegale.

Illegalità che ha invaso l’italico territorio trovando terreno fertile nella voglia di gioco che esiste da sempre nel nostro Paese e non solo.

Ma, in ogni caso, e sempre in quel momento, l’eccesso di pubblicità e di promozione del gioco d’azzardo era noto a tutti e dava decisamente fastidio, cosa che ha spinto la politica a quell’intervento istituzionale di divieto totalitario: senza dimenticarsi della bassa qualità di alcune campagne di promozione delle società di betting che addirittura finivano per infastidire persino chi seguiva i vari sport.

Effettivamente, come si suol dire “quando è troppo è troppo” e mai detto fu più azzeccato per applicarlo a quella forma pubblicitaria così insistente e quasi prevaricatrice.

Dobbiamo far tesoro dell’esperienza maturata in questi anni

Ma oggi con l’esperienza acquisita ed anche “facendo la conta” dei danni che il divieto ha procurato commercialmente a due settori importanti per l’economia del Paese sarebbe opportuno rivedere le regole della pubblicità al gioco in modo ragionato e non superficiale e frammentario. Ma dovrebbe essere “un fare” che riguarda i termini e l’uso della pubblicità che può essere senz’altro positiva.

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Quello che invece non si dovrebbe dare è intervenire per mettere una specie di “toppa” per salvaguardare gli interessi economici di due settori seppur rilevanti economicamente, ma si dovrebbe agire nell’interesse anche dei consumatori che devono essere indirizzati verso il consumo di un prodotto legale, tutelato, divertente.

Cambiare in meglio ma sempre con raziocinio e saggezza

Insomma si potrebbe dire che essendo la pubblicità un mezzo “complicato e delicato” deve essere usata con raziocinio, saggezza ed integrità. Ciò che non è stato fatto alla nascita del famigerato divieto che sembrava essere nato solo per “infastidire il mondo dei giochi” e ciò che in quel momento gli girava attorno, ovviamente con interessi economici allettanti.

E “ci piace” concludere queste righe sottolineando che la proposta di un’ulteriore destinazione dei proventi delle scommesse allo sport ci pare politicamente sbagliata, sopratutto nel metodo in cui è stata proposta: il gioco non può essere soltanto il “salvatore” dei bilanci di altri settori, bisognerebbe anche pensare come è stato fatto nel Regno Unito ad altri regimi di prelievo o tassazione che possano consentire di ricavare nuovi margini da destinare “altrove”.

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Vanessa Maggi

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Vanessa Maggi è la nostra Giornalista di punta che coordina e scrive per la redazione di Casinoonlineaams.com. Spinta da una grande passione per il mondo dei giochi su internet, ricerca sempre notizie legate al mondo ludico per farti stare informato su tutto quel che riguarda questo mondo. La sua passione per questo lavoro è davvero invidiabile. La contraddistingue una grande tenacia nella ricerca della verità.

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